di
Lorenzo
Bosi
Melissa
la giraffa fuoriuscì alla massima velocità da casa Bosciarqi. Gli zoccoli dell’animale scivolavano sull’asfalto e, nelle curve repentine, il carico che portava in groppa rischiava ogni volta una rovinosa caduta a terra. Ma Amaranda e
Abien si tenevano ben stretti.
Cosa spaventava così tanto la nostra povera Malissa? Vi starete chiedendo più preoccupati che mai.
“Dai
Melly, vai più veloce! Dobbiamo impedire che taglino quel povero albero”, la
incitò Amaranda.
Eccoci rivelata la ragione di quella corsa precipitosa. Tranquilli. Nessun leone le stava alle calcagna.
“Cara,
non ti distrarre. Non vorrei che tu cadessi”, si raccomandò Abien.
L’uomo
era praticamente seduto sulla testa della moglie e aggrappato al collo della
giraffa.
Attraversare
Freudaccio non fu affatto facile. Il momento più tragicomico arrivò quando Melissa ebbe un faccia a
faccia con l'autobus n 5. Il povero autista si ritrovò il muso dell’animale stampato
sul parabrezza. Niente di grave... Dopo la chiassosa inchiodata e le grida dei passeggeri, il maestoso animale tornò a galoppare per le vie della cittadina.
Quando
giunsero al luogo indicato, non ne poteva più. La povera bestia aveva la lunga lingua a
penzoloni.
Lì, una nutrita folla di concittadini era assembrata davanti ad un grosso albero.
Nello scendere dalla groppa, Amaranda rimbalzò al suolo come una palla.
Nello scendere dalla groppa, Amaranda rimbalzò al suolo come una palla.
“Signor
sindaco, anche lei è qui?”, si affrettò a domandare.
“Miei
carissimi amici Bosciarqi”, li accolse Mino con un sorriso falso come una
banconota da 25 Euro. “Vi stavo proprio aspettando”.
“Cosa
sta succedendo? Chi vuole abbattere quel povero albero?”, domandò Abien,
cercando di superare il volume della folla che stava lanciando slogan ad alta
voce.
“NON
ABBATTIAMO GLI ALBERI” “GLI ALBERI SONO VITA” “NOI SIAMO CON LA NATURA” “PIU’
VERDE-MENO CEMENTO”
Riprodotti
anche su grandi cartelli.
Qualche
manifestante inveiva in maniera minacciosa contro i due operai armati di
motosega.
Il
sindaco prese sottobraccio i coniugi e li condusse lontano dalla calca.
“Miei
cari amici, solo voi potete aiutarmi a risolvere questo problema”
“In
che modo?”, domandò Amaranda.
“Non
basta che lei ordini di bloccare l’abbattimento?”
Proprio
in quel momento, giunsero anche Arame e Alaja, con Liptolo in braccio.
“Cosa
ci fate qui?”
“Mamma,
noi vogliamo impedire che uccidano questo povero albero”.
“Arame
ha ragione”, gli fece eco la sorella. Poi rivolse uno sguardo di fuoco al
sindaco. “Perché non ordini di bloccare quegli assassini?”, domandò, indicato
gli operai.
“Non
è così semplice, piccoli cari”, iniziò a spiegare l’uomo. “Quel grosso albero è
gravemente ammalato. Il tronco è completamente cavo e la pianta rischia di cadere. Per questo motivo la prefettura mi ha dato ordine di abbatterlo. Io non ho
nessun potere”. Mino sembrava sul punto di piangere.
Peccato
non avesse intrapreso la carriera da attore. Avrebbe certamente vinto un Oscar.
Ma doveva tenersi buoni i Bosciarqi. In passato aveva già avuto a che fare con questa famiglia bizzarra e ne era sempre uscito piuttosto ammaccato. Non poteva permettersi di inimicarseli….
Ma doveva tenersi buoni i Bosciarqi. In passato aveva già avuto a che fare con questa famiglia bizzarra e ne era sempre uscito piuttosto ammaccato. Non poteva permettersi di inimicarseli….
Mentire per salvarsi! decise il primo cittadino.
“Anch’io,
come voi, sono un amante della natura incontaminata e per questo vi chiedo di
aiutarmi”.
“Mio
caro sindaco”, Amaranda abbracciò l’uomo, “noi ecologisti, ogni volta, ci
meravigliamo di quanto l’essere umano possa essere crudele. Troviamo che certe
decisioni siano abominevoli ma non dobbiamo arrenderci mai! E noi saremo al suo
fianco”.
Le
braccia cicciotte della donna debordavano abbondantemente dalle maniche
elasticizzate del vestito con grosse margherite stampate sulla stoffa verde.
“Non si preoccupi, signor sindaco,
chiederemo aiuto alla dolcissima zia Arina. Lei è una vera esperta e
riuscirà a trovare una soluzione”.
“Grazie
mille, signora Bosciarqi. Avere voi al mio fianco è sempre una grande gioia e
motivo di profonda serenità. Chiederò al Prefetto un nuovo sopralluogo. ”, mentì l’uomo.
Poi, di nascosto, strizzò l’occhio ad uno degli operai.
Raggiunse quindi la folla, che ancora inveiva contro l’amministrazione comunale e, tenendo le braccia sollevate, disse ad alta voce: “Carissimi concittadini, abbiamo appena trovato un valido accordo con la famiglia Bosciarqi che soddisferà tutti noi. Potete tornare tranquillamente alle vostre case. Il vecchio faggio non verrà abbattuto. Vi do la mia parola, la stessa che ho dato ai nostri cari Bosciarqi e che loro hanno accettato. Chiederò una nuova valutazione alla prefettura”…
Raggiunse quindi la folla, che ancora inveiva contro l’amministrazione comunale e, tenendo le braccia sollevate, disse ad alta voce: “Carissimi concittadini, abbiamo appena trovato un valido accordo con la famiglia Bosciarqi che soddisferà tutti noi. Potete tornare tranquillamente alle vostre case. Il vecchio faggio non verrà abbattuto. Vi do la mia parola, la stessa che ho dato ai nostri cari Bosciarqi e che loro hanno accettato. Chiederò una nuova valutazione alla prefettura”…
Parola di politico…
Si
rivolse poi alla coppia di operai in tono teatralmente ostile.
“Avete
sentito? Lasciate il loro amato faggio ai freudaccesi. Finché io sarò il sindaco
di questa città, non permetterò che si faccia del male ad una pianta tanto bella
e maestosa solo perché ha il tronco cavo! Lasciate dunque tacere i vostri
strumenti di morte e tornatevene a casa”.
Se
non fosse stato per la confusione, quelle parole sarebbero suonate false anche
ad un sordo.
Ad
ogni modo, i due uomini muniti di motosega, fecero un cenno di assenso,
salirono sul loro camioncino e si allontanarono.
Anche
la folla se ne andò alla spicciolata. Embé, se i Bosciarqi sorridevano e
parlottavano amabilmente col sindaco, potevano davvero sentirsi tutti tranquilli.
“Bene,
a questo punto possiamo tornare a casa anche noi”, suggerì Abien, rivolto ai
figli.
“Un
attimo, non trovo più Liptolo”, si preoccupò Alaja. “Arame se l’è fatto
scappare!”
“Non
dire idiozie!”, protestò il bimbo. “Dev’essere qui intorno”.
“Non
c’è motivo di preoccuparsi”, intervenne la madre. “Qui è pieno di alberi. Sarà
andato a fare due chiacchiere con qualche amico. Tornerà a casa da solo come ha
sempre fatto”.
Rimasto
solo, Mino si guardò intorno con fare circospetto. Estrasse il cellulare dalla
tasca e selezionò un nome dalla rubrica.
“Per
una volta quei sempliciotti dei Bosciarqi mi sono stati d’aiuto. I manifestanti
se ne sono andati e stanotte potremo procedere con l’abbattimento di quel
maledetto faggio”.
Chiuse
la telefonata.
Prima
di salire in auto, l’uomo si sfregò le mani e sorrise compiaciuto della sua
arguzia… Ma non si avvide di un leggero movimento tra le fronde della pianta
che presto avrebbe consegnato alle motoseghe degli operai.
Come
stabilito, quella stessa notte i dipendenti del Comune, armati di torce
elettriche, raggiunsero l’albero. Il sindaco era con loro. La temperatura era mite e
il cielo ero rischiarato dalla luna piena e da milioni di stelle argentate.
Mino
sogghignò.
“Signor Sindaco, ho paura che domani ci saranno delle proteste”, fece notare uno degli
operai.
“Lei
è pagato per lavorare, non per pensare”, ribatté secco il primo cittadino. “IO sono quello che deve pensare al bene comune e quell’albero è instabile quindi rappresenta una minaccia alla sicurezza”.
L’uomo
che aveva parlato, appoggiò lo zaino ai piedi del tronco cavo.
“Pssss”,
gli parve di udire.
Scosse
il capo, più o meno sicuro che si trattasse del frutto della sua immaginazione.
Si
piegò nuovamente per prendere il gesso con cui segnare il punto esatto da tagliare. Ma qualcosa gli sfiorò la testa.
Di
scatto, guardò verso l’alto e diresse la luce della pila sulle fronde della
pianta. Ciò che riuscì a vedere fu un ramoscello
che si ritirava rapidamente tra la chioma.
“Ehy,
che succede?”, gridò.
“Con
chi ce l’hai?”, gli domandò il collega.
“Con
nessuno ma, se non ti dispiace, vieni tu a fare i segni”.
L’operaio
sorrise e si avvicinò all’albero mentre il compagno prese le distanze della
pianta.
Fu
in quel momento che un sibilo assordante fuoriuscì dalla cavità del tronco.
“Che
diavoleria è mai questa?”, gridò l’uomo.
Anche
gli altri due sussultarono. Poi tutto tacque.
“Che
scherzi sono? Venite allo scoperto”, ordinò il sindaco. Ma le parole uscirono a scatti, senza la necessaria autorità.
I
due operai puntarono le torce tutt’intorno.
Nessuno
in vista.
“Forza,
tagliate quell’albero maledetto! Fate presto!”
“Subito
signor Sindaco”, rispose uno dei dipendenti.
Lui
e il collega si avvicinarono nuovamente alla pianta.
“F
E R M A T E V I”
Un
vocione camuffato, bloccò gli uomini con le motoseghe già in mano.
“O V I
L E G H E R O’ C O I M I E I
R A M I”
In quel preciso istante, due
lunghi fuscelli calarono a terra e iniziarono a muoversi come serpenti.
“Cos’è
questa pagliacciata?”
Nella
voce di Mino però c’era una chiara nota di terrore.
Ecco
di nuovo il sibilo di poc’anzi.
“S
O N O L’A N I M A D E L
F A G G I O, V O I N O N
M I U C C I D E R E T E”
Al termine della frase, una
luce si irradiò dalla cavità del tronco.
I
tre uomini si abbracciarono l’un l’altro. Per poco non si montarono addosso
reciprocamente. Erano davvero terrorizzati.
Il
fischio aumentò ancora d’intensità.
Il
chiarore si mosse e, dall’apertura, sbucò un alberello in miniatura coi rami che
rilucevano al buio della notte.
“A
N D A T E V E N E O S A R E T E
V O I A M O R I R E”
La minaccia terminò con un sibilo assordante.
L’anima
luminosa del faggio continuò ad avanzare finché, a pochi passi dai tre uomini tremanti, la paura si impossessò delle loro gambe e li fece fuggire
via a tutta velocità... Il faggio era salvo!
“Che
cara persona il nostro sindaco”, strillò Amaranda mentre, con una sega
circolare, tagliava le pietre per il pranzo di Alaja.
“Si,
fagiolino mio, è davvero un uomo di parola”.
Abien
stava assaggiando l’erba che ricopriva il pavimento.
“Domani
arriverà zia Arina e troverà di certo una cura per il vecchio faggio”,
proseguì il signor Bosciarqi. Ma dalle espressioni di disgusto era chiaro
che preferiva i suoi amati spini di acacia.
“OOOOOHHHHH”,
si allarmò la moglie.
La
lama si era appena sganciata dalla base ed era andata a conficcarsi sulla parete opposta. Per
fortuna il marito aveva fatto in tempo ad abbassarsi o sarebbe finito decapitato. Ma non ne era uscito illeso al 100%. La sommità della testa, completamente rasata, stava a testimoniare che aveva davvero rischiato grosso. Effetto tagliaerba su un prato incolto. Potevano lanciare un nuovo taglio alla moda!!!
“Perdonami
tesoro”, si scusò la moglie, “Dovrò portare questo aggeggio a fare aggiustare o
avrò problemi a preparare i pasti per la nostra tesorina”.
“Non
preoccuparti mia cara, sono cose che capitano”, rispose Abien, toccandosi la
pelata.
Fuori
dalla cucina, Arame e Alaja si scambiarono un sonoro “CINQUE” ed abbracciarono la pianta vivente di eucalipto.
“Ottimo
lavoro”, gioì la bimba.
“Per
fortuna Liptolo ha sentito, casualmente, le intenzioni del sindaco”, concluse il fratello,
riferendosi al piccolo arbusto che , subito, emise un sibilo di soddisfazione.
FINE
NONO
EPISODIO
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