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giovedì 13 aprile 2017

LA MIA ROMA

NONO RACCONTO DEL CONCORSO SMART WRITING.
PRESTO SARETE CHIAMATI A GIUDICARE QUELLO CHE PREFERITE



Mia nonna paterna per me non c’è mai stata, non mi ha mai fatto da nonna. Sarà perché a 19 anni era già vedova e in attesa di un figlio, certo è che era una donna particolare.
Nella vita si è sposata 5 volte, e quando stava morendo raccontava a tutti che il suo peggior difetto era di essere stata molto amata; avrebbe voluto avere un uomo anche nell’ultimo periodo della sua vita ma gli uomini, a parte approfittarsi di lei non hanno fatto granchè. Quando è morta, nonna era poverissima, perché aveva sperperato tutto il patrimonio nei viaggi, e al gioco; nonna fumava le sigarette, le MS dorate light, e mi raccontava che aveva praticamente visto tutto il mondo.
Da giovane nonna era una gran bella signora, e quando conobbe un tenente pilota si innamorò a prima vista: chi li ha conosciuti racconta che i miei nonni da giovani fossero bellissimi, mio nonno non era indifferente al fascino delle donne, in primis lei; ma quando lui, che aveva dieci anni di più, la mise incinta, il mio bisnonno lo obbligò a sposarsi per riparare al danno.
E così i miei nonni si sposarono, con la nonna felicissima che nelle foto stringeva a braccetto il pilota, che intanto pensava già alla prossima missione; e infatti i nonni rimasero sposati pochissimo, sei mesi che lui passò lontano a fare voli di pace, e intanto nonna a casa col pancione.
Poi lui morì, a nonna divennero i capelli bianchi a diciannove anni e pianse tutte le lacrime del mondo.
Due anni dopo la nonna sposava un medico, non prima d’aver affidato il bimbo ai suoi genitori perché lo crescessero, e non interferisse col suo matrimonio.
Pochi anni ancora e nacque mio zio: la nonna credeva di amare finalmente e nuovamente a fondo, ma di lì a poco il matrimonio naufragò.
Nonna a distanza di anni diede a mio padre la colpa del fallimento, in quanto avrebbe interferito con la felicità della nuova famiglia: e sì che era solo un bambino!
La separazione fu indolore, dato che piangendo lagrime amare nonna ottenne l’annullamento del matrimonio da parte della Sacra Rota, con suo padre che testimoniava circa la sua condotta illibata: per quella figlia sfortunata l’ingegnere avrebbe fatto questo ed altro!
Nonna si consolò quasi subito con un generale della seconda guerra mondiale, anche lui molto impegnato sul lavoro; lui venne trasferito a Roma e la nonna, in memoria di quel marito libertino che troppo presto l’aveva lasciata vedova, seguì il generale e approdò nella città eterna.
Da lì mi scriveva lunghe lettere chiamandomi “la sua gattona” e invitandomi presto a raggiungerla; ma quando fui sufficientemente grande per farlo, lei fece capire che non sarei stata sua ospite e così mamma si accodò a me; d’altronde la nonna aveva le sue abitudini, tipo alzarsi alle undici e leggere il giornale che nessuno doveva aver sfogliato prima di lei, o lei avrebbe perso interesse alla lettura.
Nel pomeriggio, dopo una lunga colazione e un pranzo leggero ma accompagnato da buon vino, la nonna poteva ricevere la sua nipotina adorata.
In quei dieci giorni a Roma vidi la nonna un paio di volte, in fondo era tanto impegnata con le amiche; e poi tra la scopa e il bridge e la messa della domenica aveva il suo da fare!
In una di queste uscite la nonna si fece portare dalla nuora nella sua casa a san Felice Circeo: pensai che avrei potuto finalmente assaggiare uno di quei tre piatti che la nonna sapeva cucinare in modo eccellente (e con cui si racconta abbia acchiappato diversi uomini) ma ci disse cortesemente che eravamo invitate al ristorante; poi scoprimmo che il conto era addebitato alla nuora.
Mia madre non disse nulla per non rovinare i rapporti tra figlio e madre… si portò a casa anche per ricordo la grande bavaglia che la nonna ci fece acquistare per gustare la zuppa di pesce.
Questo ricordo di mia nonna e poco altro, perché l’ho vista pochissimo quando era una donna prestante; quando invece divenne vecchia e aveva problemi di salute, allora mi invitò più volte a Roma a trovarla e ad assisterla.
Mia nonna fu così testarda che non volle mai fare la terapia riabilitativa dopo essersi rotta il femore, diceva che le facevano troppo male le gambe; l’unica volta in cui praticamente scattò in piedi durante la terapia, fu quando le mandarono un infermiere uomo: in quella occasione fu lesta nel chiedere “non ho le forze, mi tiene?” “Non tema” rispose lui, e lei si era già lasciata andare tra le sue braccia in modo tanto fulmineo che mi lasciò di stucco; l’infermiere non era certo un bell’uomo, ma in quell’occasione capii come mia nonna avesse avuto molte storie.
In quel periodo trascorremmo il natale tutti insieme, suo figlio la era venuta a trovare portandole un grosso torrone; e quando nel giorno di festa lui propose di aprirlo, lei fu lesta ad afferrarlo e a dire: “no, è mio!”
In quel periodo era già sulla sedia a rotelle, perché la gamba si era atrofizzata e poi si era formata una pustola che si era allargata fino a costringerla a tagliarla; inutilmente le spiegai che ostinandosi nel rifiutare la riabilitazione gliel’avrebbero amputata, ma lei mi credette solo a cose fatte.
E così io mi trovai ad assisterla senza una gamba e con su il pannolone: e in quella situazione poco aveva di quella bellissima donna del passato che tanto aveva fatto girare la testa.
L’ultimo barlume di dignità lo ebbe nel rifiutare il lettino con le sbarre, tentando di ingannarmi: “senti, tu che sei piccolina nel lettino con le sbarre ci stai bene, io invece non sto comoda”, non accorgendosi che la malattia l’aveva parecchio ristretta.
Iniziai un nuovo lavoro e fu un sollievo tornare in primavera nella mia città, lasciando la visione di lei senza una gamba lì a Roma; ma cuore di nipote mi portò a trascorrere lì le vacanze estive; e la rividi, sempre più magra e deperita; e con l’ultima trovata, si era intestardita a non mangiare, dicendo che faticava, e così veniva alimentata quasi esclusivamente con pappette liquide.
Ricordo una notte accanto a lei, chiacchierava con persone invisibili e diceva che li avrebbe raggiunti presto: pensai che stava parlando con gli Angeli.
E infatti ebbe il cuore di morire il giorno di ferragosto, lo presi come un regalo: avevo trascorso buona parte delle mie ferie impazzendo accanto al suo capezzale, ed uscendo dalla sua stanza solo per andare dal medico a richiedere nuove terapie o in farmacia.
Ebbi il terrore che morisse la notte mentre le dormivo accanto, e invece si sentì male e fu portata in ospedale: ricordo il suo ultimo sguardo che rivolse solo a me; mia zia le stava dicendo che sarebbe guarita presto, e intanto mia nonna mi guardava in silenzio come a dirmi addio.
E in quel momento ripensai a tutte le conversazioni notturne che avevamo avute: mi chiedeva sempre di mia mamma, morta troppo presto; in quell’ultimo periodo la faceva stare bene parlare di quella nuora che aveva sempre trovato antipatica.
Le dissi: “stai tranquilla nonna, andrà tutto bene”, e vidi nei suoi occhi che aveva letto in me che pensavo sarebbe andata in Paradiso; mi guardò con amore infinito, per la prima volta nella sua vita.
E fu portata via, con me che restavo lì a sentire il medico farfugliare a mia zia che sì, sarebbe potuta campare altri cinque anni… e io sapevo che non ci sarebbe stata più, ora che ci eravamo trovate.
Morì il giorno dopo, sola, in ospedale, mezz’ora dopo che mia zia l’aveva salutata, convinta che si sarebbe ripresa presto; e penso che anche per questo ora sia in Paradiso.
Al suo funerale una zia dalla faccia sconvolta mi disse: “vedrai che la nonna ti starà vicino, nell’ultimo periodo ha imparato a volerti bene!”

Alle volte quando sono in giro per Bergamo dove lei ha vissuto solo pochi mesi con mio nonno, una signora nella folla mi guarda, e mentre sento un brivido percorrermi la schiena, in quel volto sconosciuto rivedo il sorriso di mia nonna Luisa. Quello degli ultimi tempi.


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