Mi chiamo Adriano Perrone ed ho 44 anni.
Sono insegnante di "tecniche di memoria" e mi sono sempre ritenuto, fin dalla più tenera età, una
persona creativa.
Il libro che voglio presentare si intitola "L'anello di Corallo" ed è un libro d'avventura fantasy.
1) Com'è nata la tua passione per la scrittura?
La mia passione per la scrittura è nata quando avevo 13-14 anni.
Per colmare i momenti di solitudine nonché le prime delusioni amorose.
Per cercare risposte a quelle domande che, a tredici anni, cominci a renderti conto che gli adulti che ti circondano non hanno.
Per salvare le mie riflessioni sullo scopo della vita e per ritagliarmi un angolino felice, un mondo a parte dove correre e saltare.
Dopo trent'anni, forse, mi rendo conto d'avere ancora 14 anni.
I miei primi scritti furono delle piccole poesie e il mio libro, pubblicato nel lontano 2000, si intitolò
"Il rumore del silenzio".
Una silloge di poesie, appunto.
2) Esiste un libro, un autore o anche solo un racconto che ti ha influenzato/a?
Molti libri e autori hanno segnato la mia vita ma è difficile dire quale lo abbia fatto in maniera particolare.
Sicuramente un libro che ho amato moltissimo (e amo tutt'ora) è stato "Le avventure di Pinocchio".
Libro che considero molto, ma molto più profondo di quanto possa apparire ad una lettura, e magari una trasposizione, superficiale.
Oltre Collodi ho amato Oscar Wilde con "Il ritratto di Dorian Grey" e "De profundis".
In base all'età ho fatto dei salti di genere e autore...
Mi è piaciuto Italo Calvino, Pirandello.
Ho sempre amato l'astrofisica oltre alla poesia... e quindi ho amato autori come Asimov e Roddenberry.
Amo i rompicapo matematici ed uno dei miei libri preferiti è stato "Codici e segreti" di Simon Singh e "L'enigma dei numeri primi" di Marcus du Sautoy.
Anche se è una passione un po' "finita" (non me ne vorrà il Re) ho amato anche Stephen King.
Da molti anni non sono più attratto dagli horror ma in passato anche il grande King ha influenzato, in qualche misura, la mia voglia di scrivere nonché il mio stile (che ritengo molto elastico).
3) Quanto tempo hai impiegato?
Parlando del libro che voglio presentare, l'anello di Corallo, circa tre mesi.
4) Com'è stato il tuo primo approccio col mondo dell'editoria?
Il mio primo approccio è stato un po' deludente ma credo che molti di noi avessero aspettattive magari esagerate e non realistiche in merito a questo mondo.
5) Parlaci un po' del tuo libro. Cerca di convincere i lettori di MURO DI LIBRI a sceglierlo.
Una bambina di sette anni conosce un barbone che vive, da un po' di tempo, vicino al negozio dei suoi genitori. Durante le numerose conversazioni nasce una bella amicizia e lui le racconta di quando aveva la sua età... di quando andò al mare per la prima volta e fece amicizia con altri bambini... Ma è tutto vero quel che racconta?
Sotto gli occhi sognanti della bambina il barbone le svela un grande segreto: durante la prova di coraggio organizzata dai suoi amici... un giorno, accade qualcosa di straordinario.
BRANO TRATTO DAL LIBRO "L'anello di Corallo" di Adriano Perrone
Era il 1979 e io avevo solo sette anni” cominciò quel signore tutto sporco e con quel barbone lungo
“più o meno la tua età”.
“Sì! Ho sette anni!” disse la bambina sorridente e orgogliosa di aver raggiunto quel traguardo.
Aveva sette anni! Si sentiva grande.
Quell’omone barbuto la affascinava.
Chissà quante cose sapeva!
Da qualche giorno aveva preso “residenza” all’uscita del negozio di antiquariato; il negozio dei suoi genitori.
Il negozio era pieno di cose strane e vecchie; piccoli ciondoli di pietra, vecchi quadri, vecchi orologi a pendolo, vecchi libri...
Appena entravi sentivi subito quell’odore di legno e muffa mischiato a qualche vernice.
Un odore piacevole e antico.
Respirando profondamente sembrava quasi di viaggiare nel tempo; sembrava che quell’odore volesse insegnarti qualcosa, sussurrarti qualcosa...
Anche il pavimento era in legno.
Chiunque entrasse faceva scricchiolare tutte quelle assi.
Un negozietto tranuqillo, silenzioso.
A suo parere, bellissimo.
Peccato però che, per ordine dei suoi genitori ma soprattutto di suo padre, di tutte quelle cose meravigliose non poteva toccare niente.
L’ordine era stato tassativo.
Nessun bambino, nessuno, poteva toccare un accidenti di niente!
E allora che ci stavano a fare tutte quelle cose belle?
Tutte in vista?
Una volta aveva visto addirittura un gioco, di quelli vecchi,
fatto tutto di legno, con una pista e dei cavalli...
Wow!
Martina immaginò quei cavalli muoversi da soli.
Forse di notte prendevano vita, si animavano; forse facevano a gara, nitrivano!
I piccoli fantini li rincorrevano, scivolavano!
Chissà cosa succedeva di notte, in mezzo a tutte quelle cose vecchie!
Ah... se lo voleva prendere!
Se non fosse stata assolutamente sicura che suo padre se ne sarebbe accorto, avrebbe preso quel gioco e lo avrebbe nascosto per se.
Che brutta sensazione avere tutte quelle cose e non avere niente!
Il negozio era bello ma per una bambina di sette anni rappresentava troppe tentazioni...
Molto meglio uscire fuori e non subire pressioni.
Così Martina, tutte le volte che non c’era scuola, accompagnava i suoi genitori al negozio e poi usciva fuori, sotto il portico in cui era ubicato il negozio, a giocare con la sua bambola, Pezzy.
Una bambola di pezza coi capelli rossi.
I genitori le avevano regalato delle bambole meccaniche... quella che piange, quella che ride, quella che si fa la pupù addosso...
No.
Non le piacevano poi tanto.
Quindi ci riprovarono con la casa di Barbie, quella di campagna, quella di montagna, quella di città... la chevrolet di Barbie, il cavallo di Barbie, il cane e il gatto di Barbie, il pappagallo di Barbie, la cucina di Barbie e così via...
La bimba si limitava a sorridere, a ringraziare ma...
No.
Alla fine rimanevano appese in cameretta come tanti soprammobili.
Cosa c’era che non andava in loro figlia?
I genitori cominciarono a chiederselo già da quando aveva sei anni.
Preoccupati.
Era il caso di interpellare uno psicologo dell’infanzia?
E stavano quasi per farlo se non fosse stato per...
La nonna.
Sì, un giorno arrivò la nonna e le fece una sorpresa.
Sorridendole le disse... “Amore, ho un regalo per te!”
Aveva un sacchetto rosso e lucido.
Lei cominciò a scartarlo curiosissima... ed ecco spuntare...
Pezzy!
Una bambola di pezza e stoffa coi capelli di lanetta rossa!
Lentigginosa e bellissima!
Il regalo più bello della sua vita!
La bimba rimase senza fiato... spalancò la bocca...
Ci fù un attimo di silenzio.
Tutti in famiglia si guardarono perplessi.
Come avrebbe reagito?
Probabilmente avrebbe sorriso, ringraziato, e sarebbe andata a posare la bambola da qualche parte...
Ormai i genitori erano abituati a questo.
Invece la bimba riprese fiato, si prese ancora un secondo per riprendersi e poi si buttò in braccio alla nonna...
La strinse forte forte.
Tutti rimasero stupefatti da quella reazione.
“Grazie nonna! Grazie! E’ bellissima!” disse con gli occhi lucidi.
Era rimasta puntualmente indifferente a tutti i giocattoli che aveva ricevuto prima di allora, mostrando di non capirne molto il valore (solo la bambola che si faceva la pupù addosso costava almeno 70 euro)... e adesso a momenti piangeva per una bambola di pezza?
Pezzy??
I genitori rimasero stupiti... ma almeno non era più il caso di chiamare lo psicologo.
E così Martina e Pezzy diventarono amiche inseparabili.
Fu dura persino convincerla di “lasciarla andare” quando bisognava andare a scuola.
Quando non aveva voglia di andare a scuola diceva... “Pezzy ha la febbre, non posso lasciarla sola!”
Quando non voleva vedere qualcuno diceva: “A Pezzy non piace quello...”
Quando non diceva proprio tutta la verità diceva... “Non sono stata mica io! E’ stata Pezzy”
E così via.
Sì... erano davvero amiche inseparabili.
Se non fosse stato per Pezzy... boh.
Con chi avrebbe giocato, adesso?
Non poteva neanche allontanarsi tanto dal negozio; solo pochi metri.
E così vide quell’omone pieno di barba e cominciò a parlargli.
Si chiamava Mattia ma lui preferiva essere chiamato “Matto”.
Era un omone strano ma sembrava sapere tante di quelle cose...
Non aveva una casa né una famiglia.
Poverino!
Anche lui, in qualche modo, era un pezzo di antiquariato.
Forse era uscito dal negozio dei suoi genitori.
Forse si era animato nella notte e trasformato in un uomo!
Comunque era piacevole ascoltarlo; era gentile e aveva un vocione rauco e rassicurante.
Anche Pezzy pensava che fosse un brav’uomo.
“Era il 1979, dicevo...” continuò l’omone “e i miei genitori mi portarono al mare”
Martina si ricordò di quando era stata al mare anche lei.
Le face un po’ paura vedere tutta quell’acqua... comunque era bello.
“Ero il bambino più felice del mondo perché quella fù la mia prima volta. Non avevo mai visto il mare, prima”.
Martina lo fissò negli occhi affascinata, rapita dal racconto.
Lui aveva qualche ruga ma non di vecchiaia; in fondo aveva solo qualche anno in più di suo padre.
Ma Matto ne dimostrava molti di più.
Forse la vita in mezzo alla strada l’aveva ferito e invecchiato.
Forse dormire tutte le notti su un pavimento duro e non in un morbido letto lo aveva abbruttito.
Forse lo aveva reso più triste ma non per questo incapace di dare.
“La sabbia non c’era, era tutta ghiaia, il sole picchiava forte. Il paesino, su cui sorgeva questa spiaggia si chiamava, se non ricordo male, Sguardalmare...”
Un filo di vento fece sollevare i capelli di Pezzy.
Anche lei ascoltava, rapita dal racconto di quel signore.
“A pensarci bene... non era una spiaggia particolarmente bella e il mare non era particolarmente pulito. Inoltre era affollato di gente. Non potevi fare un passo senza rischiare di pestare qualcuno. Comunque era il mio primo mare e, nella mia piccola esperienza, era la cosa più bella che avessi mai visto”.
Il barbone si fermò un attimo come per accertarsi che il suo piccolo uditorio lo stesse ascoltando.
Martina e Pezzy lo fissavano in silenzio.
Sì... lo stavano ascoltando e dagli occhioni della bimba si capiva chiaramente che non vedeva l’ora di ascoltare il resto.
“Bene. Lì feci amicizia con dei bambini della mia età. Luca, Filippo, Gianpaolo e Michele...”
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