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martedì 9 maggio 2017

IL FIUME

Dalla nascita alla morte, nel discendere serpeggia.
È all'alba della vita e in sé ha un gran fervore. 
Lieto è il gorgoglio a cui lo spettator vagheggia
del gioire, rilassato, al bucolico splendore.
Sentinelle dalle rive, i fiori seguono con noia
i pesci iridescenti sull'arca della gioia

Il benvenuto a questo mondo glielo dan le alte vette.
Il ruscelletto debuttante, digradando va nel viaggio
e ai volatili, vezzosi, la bellezza lui riflette 
poi saluta e passa avanti, il rigagnolo selvaggio.
Chissà cosa l'aspetta? Tutto qui appar fatato
agli occhi di chi non vede il pericolo in agguato.

Il corso scende giuso ed effonde la portata.
Tra cascate, fondi guazzi, la sorte ha sì deciso
di guidare le sue acque alla specie sviluppata.
I giovincelli sono i primi a concedergli un sorriso.
Ode schiamazzi, risate ovunque che rallegrano ogni cuor 
ed il fiume appena giunto viene avvolto dal calor. 

Ma non tutto è rosa e fiori nell'incontro con gli umani.
Questa razza, lo si sa, molte ombre in sé nasconde
e di certo del Creato se ne lava piedi e mani.
Usa cura all'orticello ma al di fuor non si confonde.
Superata la città, l'acqua avverte, ne è sorpresa,
del suo carico di vita, buona parte è stata lesa.

Il fato, ridanciano, di sorprese ne fa a iosa
e il torrente le patisce, nel prosieguo del cammino.
Non è più una novità, sa che il mondo è un po' una rosa...
Lei fa mostra di beltà ma poi cela il bieco spino.
Non è più come alla Fonte, l'acqua soffre in qualità
e il suo specchio ora fosco, non riflette in vanità.

Or s'appressa alla foce; degli addii è qui il momento.
Con il mare avanti a sé a ritroso si rivolge...
...come può non condannar l'umano atteggiamento
che destina alla Natura le Infernali bolge?
Oh, Pianeti a lei gemelli, della Terra già infestata,
auguro a voi di non soffrir l'umanità degenerata. 

di
Lorenzo Bosi 

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