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venerdì 28 ottobre 2016

RAGNI, ZUCCHE E PIPISTRELLI



DI
Lorenzo Bosi

“Batuffolino, sei in casa?”
Abien era rientrato dal consueto bagno nelle acque gelate del lago Secco. Nonostante il freddo, secondo lui non c’era niente di meglio di una bella nuotata per stimolare l’appetito e per mantenere fluide le sue smisurate articolazioni.
“Certo caro, sono qui con Liptolo”.
Amaranda emerse dallo strato erboso che ricopriva il pavimento della sala. “La mia pelle trae giovamento da queste immersioni di verde”.
La pianticella di Eucalipto mosse tutti i rametti ed emise un lungo stridio.
“Senti, anche Liptolo mi da ragione”, sorrise la signora Bosciarqi.
La donna indossava un costume strettissimo da cui trabordavano chili e chili di grasso in eccesso. Praticamente il color fucsia dei due pezzi era coperto dalla sovrabbondanza di ciccia.
“Dolcezza mia, è meglio che tu ti copra. Sai cosa mi succede quando ti vedo così!”
Abien avvolse la moglie tra le braccia scheletriche e la baciò con foga sulla fronte.
“Non davanti a Liptolo. Ultimamente non sopporta troppo le tue smancerie”, si raccomandò la moglie, sorridendo compiaciuta. Poi si allontanò dal marito e raccolse la vestaglia viola, adagiata a terra, sulle sterpaglie.
“Arame e Alaja sono rientrati?”
“Certo, hanno già mangiato ed ora sono in cucina a preparare qualche dolcetto per stasera”, rispose Amaranda.
“Ah gia! Per la spaventosa notte di Halloween!”
L’uomo si avvicinò rapidamente alla donna ed iniziò a farle il solletico. “Stanotte arrivano le streghe. Tremate, gente…Tremate”.
Liptolo tornò a stridere come poc’anzi e fece tremare tutti i rami, vistosamente, poi se ne andò, piuttosto seccato.
“Povero piccolo, forse è geloso di te”, constatò Amaranda. “Andiamo a vedere cosa stanno combinando i piccoli in cucina. Alaja è un’ottima cuoca e ho già l’acquolina in bocca”.
I signori Bosciarqi raggiunsero i figli.
“Ciao mamma, ciao papà”, li accolsero i bambini alle prese col forno.
“Mi assicurate che la legna proviene da alberi morti e che non li avete tagliati?”, chiese Alaja con la solita voce monotono e lo sguardo perso nel vuoto.
“Sei impazzita?”, si scandalizzò il padre. “Noi che tagliamo degli alberi? Non si è mai visto al mondo”.
“Arame, sei il solito stupido! Bugiardo".
La bambina diede una spinta stizzita al fratello. Lui sorrise.
Alaja aprì il forno e ne estrasse una teglia di sfere nere, della dimensione di palline da tennis,  già intagliate come zucche di halloween.
“Che profumino!”, esclamò Amaranda. “Devono essere buonissimi”.
“Dobbiamo ancora decorarli”, spiegò Arame, afferrando un dei dolcetti con la mano palmata.
“Siete bravissimi”.
La madre li abbracciò. “Peccato che solo la famiglia di Taddea abbia accettato il nostro invito per stasera”.
“Vorrà dire che lei e i suoi genitori avranno la fortuna di assaggiare queste prelibatezze”.
“Hai sempre ragione, mio caro. Andiamo a vedere se i nostri ragnetti stanno completando il loro lavoro. Voglio che stasera ogni cosa sia perfetta”.
“Andate pure, qua abbiamo tutto sotto controllo”, li rassicurò Arame.
Abien e Amaranda li salutarono e tornarono nella sala.
Sollevarono gli occhi al cielo e osservarono il soffitto. Lassù, frotte di ragni di tutte le dimensioni, stavano zampettando rapidamente. Le frasche e le liane che scendevano dall’alto erano già imbrigliate dalla seta collosa, prodotta dagli aracnidi.
“Che meraviglia, Taddea e i suoi genitori rimarranno senza parole. Mi dispiace per chi non verrà, sono certo che roderanno tutti dall’invidia per non aver accettato il nostro invito”, si compiacque Abien.
“E non è finita qui”.
Amaranda uscì alcuni istanti dalla sala e rientrò con un grande vassoio pieno di grandi zucche intagliate.
“Sono candele che ho prodotto con la cera delle nostre apine", cantilenò la sua sgradevole voce da cornacchia. “E ne ho tante altre. Le metteremo ovunque”.
“Sarà una serata indimenticabile”.
“Ne sono sicura anch’io”.

Verso le 21.30 si udì bussare.
La signora Bosciarqi, vestita di arancione come fosse una gigantesca zucca, si affrettò ad aprire la porta.
“Benvenuti”.
Anche Alaja si fece avanti per salutare l’amica.
“Ciao Taddea, ti piace il mio trucco?”
La bimba fece un leggero ghigno di disgusto. Gli occhi cerchiati di nero e il sangue posticcio che colava sul viso della giovane Bosciarqi, grigio come la pietra, erano uno spettacolo a dir poco inquietante.
Taddea non rispose ma, allo stesso modo dei genitori, osservò lungamente ciò che la circondava.
Oltre alla sterpaglia che avvolgeva ogni cosa, le ombre tremule e allungate, generate dalle decine e decine di candele a forma di zucca di halloween, creavano un’atmosfera piuttosto maligna. Per non parlare del soffitto…completamente celato dalle tenebre. Ma era la notte di Halloween, che altro dovevano aspettarsi?
Probabilmente i nuovi arrivati valutarono che tutto ciò fosse eccessivo e rimasero vicini, l’uno alle altre, come fossero incollati…saldati…inchiodati.
I Solis erano tutti e tre di corporatura minuta, vestiti di bianco e nero. Sembrava una tenera famigliola di pinguini. Spaventata a morte!
“Signori Solis, venite avanti. Accomodatevi”, intervenne Albien.
“Sì, non aspettate troppo lì in piedi. Non avete mai visto una casa addobbata per Halloween? Io voglio mangiare”.
Arame era impaziente. Forse si trovava a disagio nella lunga tunica nera, decorata da scheletri che, una volta tanto, indossava sopra al consueto costume da bagno.
Amaranda e Alaja condussero gli ospiti nella zona soggiorno, composto da sei grosse rocce disposte in circolo.
“Mettevi comodi”, disse loro la padrona di casa.
“Grazie”, fu la prima parola che fuoriuscì, incerta, dalla bocca della signora Solis.
La famigliola si sedette su un’unica pietra o meglio, si ammassò su di essa. Erano sempre più sconvolti e sempre meno convinti di aver fatto bene ad aver accettato l’invito dei Bosciarqi. Di certo non avevano mai visto una casa in cui al posto delle poltrone e dei divani ci fossero delle pietre sepolte in un mare di erbaccia.
“AHHH!”, scattò il padre di Taddea. “Sembrano vere…”.
La mano dell’ometto aveva sfiorato una ragnatela attaccata alla roccia su cui erano seduti.
“Certo che sì. Ma non si preoccupi, non abbiamo maltrattato nessun ragno”, spiegò Abien. “Quando mia moglie chiede un favore, i ragnetti sono ben felici di collaborare con lei”.
“Adulatore”, cinguettò la signora Bosciarqi, sbattendo ripetutamente gli occhi al marito.
“Mangiamo o no?”
“Arame non essere insolente”, lo riprese la madre. “I primi ad assaggiare i vostri manicaretti saranno i nostri ospiti”.
“Prendi Teddea, li abbiamo fatti io e mio fratello”, spiegò Alaja, sorreggendo il vassoio.
I signori Solis, guardarono con insistenza quegli strani dolcetti marroni e appiccicosi.
“E’ tutto commestibile?”, domandò la donna, indicando i lunghi filamenti verdi e rossi che li avvolgevano.
“Ma certo”, rispose Arame, piccato. “Quelle sono alghe agrodolci che si abbinano perfettamente al miele con cui li abbiamo imbevuti”.
“Alghe?”, domandò Taddea. Aveva gli occhi sgranati.
La signora Solis deglutì. “Ma certo, piccola mia. Le alghe sono…buonissime”.
Poi tutti e tre si portarono il dolce alla bocca. Erano tutt’altro che convinti ma notarono che i padroni di casa li stavano osservando, in attesa del loro verdetto. Si strinsero a vicenda con le mani libere e diedero un morso. Tutti e tre insieme.
Silenzio…
Mugugni…
“Ahiaaa!”, gridò Taddea.
I genitori rimasero in silenzio ma i loro occhi lacrimavano abbondantemente.
La piccola inserì due dita in bocca e mostrò a tutti la spina che le si era inserita tra i denti.
“Arame!”, si arrabbiò Alaja. “Ti avevo detto di macinare bene gli aghi di acacia prima di impastarli col terriccio”.
“COSA?”, domandarono gli ospiti in coro. Poi sputarono a terra ciò che era rimasto loro in bocca.
“Non mi rompere!”, protestò il fratello.
“Basta così”, intervenne Amaranda. “Tua sorella ha ragione. Non tutti possono mangiare le spine di acacia come tuo padre”.
E per dar manforte alla moglie, Abien tirò fuori la grossa lingua verde che gli arrivava ben oltre il mento.
“Che roba è quella?”, pigolò la signora Solis, emettendo una serie di risatine isteriche. “Ho capito, è uno scherzo di Halloween!”
I Bosciarqi scoppiarono a ridere.
Finalmente la tensione si allentò.
“A noi piace molto il contatto con la natura. Siamo contrari a tutte le innovazioni che ne pregiudicano il fragile equilibrio”, stava spiegando Amaranda.
“Proprio così”, concordò Abien, “e la natura contraccambia il nostro amore. Abbiamo una vera e propria empatia con animali e piante. Riusciamo a comunicare con loro”.
“Ma dai! Non raccontateci delle favole!”, li sbeffeggiò il signor Solis. “Non ho mai creduto a queste storie. Sono tutte bugie che vengono raccontate anche dalla televisione, non è vero cara?”
La moglie rise, in accordo col marito.
“Io non ci trovo niente da ridere. Anch’io riesco a parlare con Sdento, il mio piranha”.
“Senti un po'...il suo piranha”.
Gli ospiti risero ancora più forte.
“Non c’è niente di male, Arame, non c’è alcun bisogno di arrabbiarsi. Molta gente è scettica su queste cose. Noi però possiamo dimostrare quello che diciamo”.
Poi Amaranda si alzò e scambiò uno sguardo complice col marito. Era giunta la mezzanotte. L’ora in cui si doveva dare senso compiuto alla notte di Halloween.
“Bene”, disse il signor Bosciarqi. “Alziamoci tutti, stanno per arrivare i bambini per il classico ‘dolcetto o scherzetto?’. Prepariamoci ad accoglierli”.
“Davvero? Io non sento niente”, si meravigliò Taddea.
Alaja prese per mano la compagna di classe e la condusse al centro della sala. Amaranda fece lo stesso coi genitori.
“Ci metteremo qui”, spiegò.
Poi però si scostò di qualche passo e guardò verso l’alto. La sua bocca iniziò a muoversi freneticamente. Da essa fuoriuscì un lungo sibilo, appena percettibile.
I signori Solis si guardarono intorno senza capire cosa stesse succedendo.
Udirono un leggero fruscio, proveniente dal soffitto. Ma, quando sollevarono lo sguardo, ebbero appena il tempo di vedere che qualcosa stava cadendo loro addosso e, in men che non si dica, si ritrovarono coi corpi avvolti in una gigantesca ragnatela vischiosa.
“Buon halloween!!” gioirono a gran voce i signori Bosciarqi, entusiasti.  Anche i Solis gridarono con tutto il fiato che avevano nei polmoni...ma non per l’entusiasmo. Centinaia di ragni, grandi e piccoli, scorrazzavano sulla tela a folle velocità e un nugolo di pipistrelli svolazzava tutt’intorno, emettendo stridii acutissimi. Ma in confronto agli strilli della povera famiglia erano poco più che flebili sussurri.
In quella notte di Halloween infatti ci furono molte persone pronte a giurare di averli uditi fin dalla parte opposta di Freudaccio.
Poveri loro!!!

“Ieri sera è stato fantastico. Tutto è andato alla perfezione”, sospirò Amaranda.
Quel pomeriggio, lei e Abien erano impegnati a ripulire l’erba del pavimento dalle numerose ragnatele sparse ovunque.
“Hai ragione, batuffolino”.
La donna si fermò. Assunse un’espressione pensierosa ed aggiunse: “Mi dispiace solo per la signora Solis. A causa delle forti emozioni è stata ricoverata in ospedale”.
“Mamma, papà siamo pronti”.
I due figli sopraggiunsero di corsa.
“Ciao bambini”, li accolse la madre. “Avete preso tutto?”
Alaja mostrò il sacchetto che teneva in mano.
“Bravi, piccoli cari. La mamma di Taddea sarà felicissima di vedervi”.
“Certo, cara. E quando vedrà che le avete portato i dolcetti di ieri sera, si riprenderà in un istante”, sorrise Abien.

FINE
TERZO EPISODIO

BUON HALLOWEEN
A

TUTTI

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