DI
Lorenzo
Bosi
“Batuffolino,
sei in casa?”
Abien era rientrato dal consueto bagno nelle acque gelate del lago Secco. Nonostante
il freddo, secondo lui non c’era niente di meglio di una bella nuotata per
stimolare l’appetito e per mantenere fluide le sue smisurate articolazioni.
“Certo
caro, sono qui con Liptolo”.
Amaranda
emerse dallo strato erboso che ricopriva il pavimento della sala. “La mia pelle
trae giovamento da queste immersioni di verde”.
La
pianticella di Eucalipto mosse tutti i rametti ed emise un lungo stridio.
“Senti, anche Liptolo mi da ragione”, sorrise la signora Bosciarqi.
La
donna indossava un costume strettissimo da cui trabordavano chili e chili di
grasso in eccesso. Praticamente il color fucsia dei due pezzi era coperto dalla
sovrabbondanza di ciccia.
“Dolcezza
mia, è meglio che tu ti copra. Sai cosa mi succede quando ti vedo così!”
Abien
avvolse la moglie tra le braccia scheletriche e la baciò con foga sulla fronte.
“Non
davanti a Liptolo. Ultimamente non sopporta troppo le tue smancerie”, si raccomandò
la moglie, sorridendo compiaciuta. Poi si allontanò dal marito e raccolse la
vestaglia viola, adagiata a terra, sulle sterpaglie.
“Arame
e Alaja sono rientrati?”
“Certo,
hanno già mangiato ed ora sono in cucina a preparare qualche dolcetto per
stasera”, rispose Amaranda.
“Ah
gia! Per la spaventosa notte di Halloween!”
L’uomo
si avvicinò rapidamente alla donna ed iniziò a farle il solletico. “Stanotte
arrivano le streghe. Tremate, gente…Tremate”.
Liptolo
tornò a stridere come poc’anzi e fece tremare tutti i rami, vistosamente, poi
se ne andò, piuttosto seccato.
“Povero
piccolo, forse è geloso di te”, constatò Amaranda. “Andiamo a vedere cosa
stanno combinando i piccoli in cucina. Alaja è un’ottima cuoca e ho già
l’acquolina in bocca”.
I
signori Bosciarqi raggiunsero i figli.
“Ciao
mamma, ciao papà”, li accolsero i bambini alle prese col forno.
“Mi
assicurate che la legna proviene da alberi morti e che non li avete tagliati?”,
chiese Alaja con la solita voce monotono e lo sguardo perso nel vuoto.
“Sei
impazzita?”, si scandalizzò il padre. “Noi che tagliamo degli alberi? Non si è mai visto al
mondo”.
“Arame, sei
il solito stupido! Bugiardo".
La
bambina diede una spinta stizzita al fratello. Lui sorrise.
Alaja
aprì il forno e ne estrasse una teglia di sfere nere, della dimensione di
palline da tennis, già intagliate come
zucche di halloween.
“Che
profumino!”, esclamò Amaranda. “Devono essere buonissimi”.
“Dobbiamo
ancora decorarli”, spiegò Arame, afferrando un dei dolcetti con la mano
palmata.
“Siete
bravissimi”.
La
madre li abbracciò. “Peccato che solo la famiglia di Taddea abbia accettato il
nostro invito per stasera”.
“Vorrà
dire che lei e i suoi genitori avranno la fortuna di assaggiare queste
prelibatezze”.
“Hai
sempre ragione, mio caro. Andiamo a vedere se i nostri ragnetti stanno
completando il loro lavoro. Voglio che stasera ogni cosa sia perfetta”.
“Andate
pure, qua abbiamo tutto sotto controllo”, li rassicurò Arame.
Abien
e Amaranda li salutarono e tornarono nella sala.
Sollevarono
gli occhi al cielo e osservarono il soffitto. Lassù, frotte di ragni di tutte
le dimensioni, stavano zampettando rapidamente. Le frasche e le liane che
scendevano dall’alto erano già imbrigliate dalla seta collosa, prodotta dagli
aracnidi.
“Che
meraviglia, Taddea e i suoi genitori rimarranno senza parole. Mi dispiace per
chi non verrà, sono certo che roderanno tutti dall’invidia per non aver
accettato il nostro invito”, si compiacque Abien.
“E
non è finita qui”.
Amaranda
uscì alcuni istanti dalla sala e rientrò con un grande vassoio pieno di grandi
zucche intagliate.
“Sono
candele che ho prodotto con la cera delle nostre apine", cantilenò la sua sgradevole voce da cornacchia. “E ne ho tante altre. Le
metteremo ovunque”.
“Sarà
una serata indimenticabile”.
“Ne
sono sicura anch’io”.
Verso
le 21.30 si udì bussare.
La
signora Bosciarqi, vestita di arancione come fosse una gigantesca zucca, si
affrettò ad aprire la porta.
“Benvenuti”.
Anche
Alaja si fece avanti per salutare l’amica.
“Ciao
Taddea, ti piace il mio trucco?”
La
bimba fece un leggero ghigno di disgusto. Gli occhi cerchiati di nero e il
sangue posticcio che colava sul viso della giovane Bosciarqi, grigio come la
pietra, erano uno spettacolo a dir poco inquietante.
Taddea
non rispose ma, allo stesso modo dei genitori, osservò lungamente ciò che la
circondava.
Oltre
alla sterpaglia che avvolgeva ogni cosa, le ombre tremule e allungate, generate
dalle decine e decine di candele a forma di zucca di halloween, creavano
un’atmosfera piuttosto maligna. Per non parlare del soffitto…completamente
celato dalle tenebre. Ma era la notte di Halloween, che altro dovevano
aspettarsi?
Probabilmente
i nuovi arrivati valutarono che tutto ciò fosse eccessivo e rimasero vicini, l’uno alle altre, come fossero incollati…saldati…inchiodati.
I
Solis erano tutti e tre di corporatura minuta, vestiti di bianco e nero.
Sembrava una tenera famigliola di pinguini. Spaventata a morte!
“Signori
Solis, venite avanti. Accomodatevi”, intervenne Albien.
“Sì,
non aspettate troppo lì in piedi. Non avete mai visto una casa addobbata per
Halloween? Io voglio mangiare”.
Arame
era impaziente. Forse si trovava a disagio nella lunga tunica nera, decorata da
scheletri che, una volta tanto, indossava sopra al consueto costume da bagno.
Amaranda
e Alaja condussero gli ospiti nella zona soggiorno, composto da sei grosse
rocce disposte in circolo.
“Mettevi
comodi”, disse loro la padrona di casa.
“Grazie”,
fu la prima parola che fuoriuscì, incerta, dalla bocca della signora Solis.
La
famigliola si sedette su un’unica pietra o meglio, si ammassò su di essa. Erano
sempre più sconvolti e sempre meno convinti di aver fatto bene ad aver
accettato l’invito dei Bosciarqi. Di certo non avevano mai visto una casa in
cui al posto delle poltrone e dei divani ci fossero delle pietre sepolte in un
mare di erbaccia.
“AHHH!”,
scattò il padre di Taddea. “Sembrano vere…”.
La
mano dell’ometto aveva sfiorato una ragnatela attaccata alla roccia su cui
erano seduti.
“Certo
che sì. Ma non si preoccupi, non abbiamo maltrattato nessun ragno”, spiegò
Abien. “Quando mia moglie chiede un favore, i ragnetti sono ben felici di
collaborare con lei”.
“Adulatore”,
cinguettò la signora Bosciarqi, sbattendo ripetutamente gli occhi al marito.
“Mangiamo
o no?”
“Arame
non essere insolente”, lo riprese la madre. “I primi ad assaggiare i vostri
manicaretti saranno i nostri ospiti”.
“Prendi
Teddea, li abbiamo fatti io e mio fratello”, spiegò Alaja, sorreggendo il
vassoio.
I
signori Solis, guardarono con insistenza quegli strani dolcetti marroni e
appiccicosi.
“E’
tutto commestibile?”, domandò la donna, indicando i lunghi filamenti verdi e
rossi che li avvolgevano.
“Ma
certo”, rispose Arame, piccato. “Quelle sono alghe agrodolci che si abbinano
perfettamente al miele con cui li abbiamo imbevuti”.
“Alghe?”,
domandò Taddea. Aveva gli occhi sgranati.
La
signora Solis deglutì. “Ma certo, piccola mia. Le alghe sono…buonissime”.
Poi
tutti e tre si portarono il dolce alla bocca. Erano tutt’altro che convinti ma
notarono che i padroni di casa li stavano osservando, in attesa del loro verdetto.
Si strinsero a vicenda con le mani libere e diedero un morso. Tutti e tre
insieme.
Silenzio…
Mugugni…
“Ahiaaa!”,
gridò Taddea.
I
genitori rimasero in silenzio ma i loro occhi lacrimavano abbondantemente.
La
piccola inserì due dita in bocca e mostrò a tutti la spina che le si era
inserita tra i denti.
“Arame!”,
si arrabbiò Alaja. “Ti avevo detto di macinare bene gli aghi di acacia prima di
impastarli col terriccio”.
“COSA?”,
domandarono gli ospiti in coro. Poi sputarono a terra ciò che era rimasto loro
in bocca.
“Non
mi rompere!”, protestò il fratello.
“Basta
così”, intervenne Amaranda. “Tua sorella ha ragione. Non tutti possono mangiare
le spine di acacia come tuo padre”.
E
per dar manforte alla moglie, Abien tirò fuori la grossa lingua verde che gli
arrivava ben oltre il mento.
“Che
roba è quella?”, pigolò la signora Solis, emettendo una serie di risatine
isteriche. “Ho capito, è uno scherzo di Halloween!”
I
Bosciarqi scoppiarono a ridere.
Finalmente
la tensione si allentò.
“A
noi piace molto il contatto con la natura. Siamo contrari a tutte le
innovazioni che ne pregiudicano il fragile equilibrio”, stava spiegando
Amaranda.
“Proprio
così”, concordò Abien, “e la natura contraccambia il nostro amore. Abbiamo una
vera e propria empatia con animali e piante. Riusciamo a comunicare con loro”.
“Ma
dai! Non raccontateci delle favole!”, li sbeffeggiò il signor Solis. “Non ho
mai creduto a queste storie. Sono tutte bugie che vengono raccontate anche
dalla televisione, non è vero cara?”
La
moglie rise, in accordo col marito.
“Io
non ci trovo niente da ridere. Anch’io riesco a parlare con Sdento, il mio
piranha”.
“Senti un po'...il
suo piranha”.
Gli
ospiti risero ancora più forte.
“Non
c’è niente di male, Arame, non c’è alcun bisogno di arrabbiarsi. Molta gente è
scettica su queste cose. Noi però possiamo dimostrare quello che diciamo”.
Poi
Amaranda si alzò e scambiò uno sguardo complice col marito. Era giunta la
mezzanotte. L’ora in cui si doveva dare senso compiuto alla notte di Halloween.
“Bene”,
disse il signor Bosciarqi. “Alziamoci tutti, stanno per arrivare i bambini per
il classico ‘dolcetto o scherzetto?’. Prepariamoci ad accoglierli”.
“Davvero?
Io non sento niente”, si meravigliò Taddea.
Alaja
prese per mano la compagna di classe e la condusse al centro della sala.
Amaranda fece lo stesso coi genitori.
“Ci
metteremo qui”, spiegò.
Poi
però si scostò di qualche passo e guardò verso l’alto. La sua bocca iniziò a
muoversi freneticamente. Da essa fuoriuscì un lungo sibilo, appena
percettibile.
I
signori Solis si guardarono intorno senza capire cosa stesse succedendo.
Udirono
un leggero fruscio, proveniente dal soffitto. Ma, quando sollevarono lo sguardo,
ebbero appena il tempo di vedere che qualcosa stava cadendo loro addosso e, in
men che non si dica, si ritrovarono coi corpi avvolti in una gigantesca
ragnatela vischiosa.
“Buon
halloween!!” gioirono a gran voce i signori Bosciarqi, entusiasti. Anche i Solis gridarono con tutto il fiato
che avevano nei polmoni...ma non per l’entusiasmo. Centinaia di ragni, grandi e
piccoli, scorrazzavano sulla tela a folle velocità e un nugolo di pipistrelli svolazzava
tutt’intorno, emettendo stridii acutissimi. Ma in confronto agli strilli della
povera famiglia erano poco più che flebili sussurri.
In
quella notte di Halloween infatti ci furono molte persone pronte a giurare di averli
uditi fin dalla parte opposta di Freudaccio.
Poveri
loro!!!
“Ieri
sera è stato fantastico. Tutto è andato alla perfezione”, sospirò Amaranda.
Quel
pomeriggio, lei e Abien erano impegnati a ripulire l’erba del pavimento dalle
numerose ragnatele sparse ovunque.
“Hai
ragione, batuffolino”.
La
donna si fermò. Assunse un’espressione pensierosa ed aggiunse: “Mi dispiace
solo per la signora Solis. A causa delle forti emozioni è stata ricoverata in
ospedale”.
“Mamma,
papà siamo pronti”.
I
due figli sopraggiunsero di corsa.
“Ciao
bambini”, li accolse la madre. “Avete preso tutto?”
Alaja
mostrò il sacchetto che teneva in mano.
“Bravi,
piccoli cari. La mamma di Taddea sarà felicissima di vedervi”.
“Certo,
cara. E quando vedrà che le avete portato i dolcetti di ieri sera, si riprenderà
in un istante”, sorrise Abien.
FINE
TERZO
EPISODIO
BUON HALLOWEEN
A
TUTTI
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